Ho scritto questo libro invece di divorziare

Ho scritto questo libro invece di divorziare. 

Questa stanza di casa di passaggio, e quella in cui faccio la magia che mi riesce meglio: trovare uno spazio per me e far sì che tutti lo rispettino.

La mia missione è indagare a raccontare gli ostacoli più sottili che impediscono alle donne di desiderare liberamente.

Anche quando siamo riuscite a raggiungere la parietà a livello economico e materiale, c’è sempre una disparità del carico mentale tra donne e uomini.

Il carico mentale è la parte sommersa dell’iceberg delle statistiche. Un lavoro invisibile. Della stessa natura della schiavitù: lavoro non retribuito, negato del suo valore, non riconosciuto e illimitato.

Ci diciamo che presidiare la quotidianità della nostra famiglia è stata una scelta e che quando può lui “aiuta“.

Liberare gli schiavi che si sentono liberi.  Gianni Rodari.

Il vero superpotere non è quello di notare le cose ma quello di non notarle. La capacità di veleggiare sui bisogni materiali, certi che qualcuno vi provvederà.

È come se il secondo turno di lavoro che facciamo in casa, dopo il lavoro fuori. Fossero l’espiazione del Peccato originario di aver usato sovvertire l’ordine costituito la donna a casa, l’uomo nel mondo.

Ho scritto questo libro invece di divorziare: Cronaca di liberazione dal carico mentale, e altre conquiste, la trama:

Succede all’improvviso, quasi per caso. L’eccezionalità di una nuova routine, dettata dalla pandemia, getta luce su una verità che Annalisa Monfreda si era a lungo taciuta.

L’autrice osserva la vita di suo marito e delle sue figlie riassestarsi su un nuovo equilibrio, mentre la sua si consuma dentro la macchina che lo rende possibile.

È dura accettare che proprio lei, che da anni come giornalista indaga gli ostacoli più sottili che impediscono alle donne di desiderare liberamente, proprio lei, che ha sposato un uomo femminista e assieme a lui cresce due figlie nel culto della libertà, proprio lei stia soccombendo alla più ovvia delle disparità, quella che si consuma silenziosamente dentro le mura domestiche: lo squilibrio del carico mentale.

Su di lei, in quanto donna, ricade la responsabilità dell’organizzazione di tutto ciò che ruota attorno a casa, marito, figli e famigliari. Il suo cervello ha un file sempre aperto e non perché si sia dimenticata di chiuderlo, ma perché lo consulta di continuo, infinite volte al giorno.

Da quel momento inizia per l’autrice un’indagine poetica e scientifica lungo le radici di quella disparità. Per un intero anno, di giorno incontra scrittrici e scienziate, casalinghe e imprenditrici; analizza numeri e ricerche; si immerge nelle pagine della letteratura, nei saggi di storia, nei fondamentali della sociologia.

E poi di sera, siede al tavolo della cena, che diventa teatro di piccole conversazioni rivoluzionarie, durante le quali l’intera famiglia stabilisce assieme una lingua nuova con cui parlare.

Un patto nuovo attorno a cui fondarsi. Un nuovo trampolino di lancio.

Annalisa Monfreda (1978), giornalista, si trasferisce dalla Puglia a Milano a 22 anni per uno stage al “Corriere della Sera”. A 30 anni, la nascita della prima figlia coincide con una svolta professionale: la proposta di dirigere il mensile per teenager “Top Girl”. Nasce poi un’altra figlia, mentre lei passa da una direzione all’altra: “Geo”, “Cosmopolitan”, “Starbene”, “TuStyle”, “Confidenze” e, per nove anni, fino a fine 2021, “Donna Moderna”, il magazine femminile più letto in Italia.

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